Non ho reso ancora pubblico il mio bilancio da freelance: preferisco chiudere gli occhi, vedermi immersa nella mia versione natalizia più estrema tra lucine, regali da scegliere e impacchettare, biglietti da scrivere e spedire, sorrisi e abbracci da dare e ricevere. In quel momento che è dicembre, tiro sempre le somme dell'anno appena trascorso: è come godere di una bibita ghiacciata dopo un'impervia salita in montagna, godersi il sole e il panorama e lasciare andare ogni fatica.
In questi mesi, però, ho incontrato tantissime donne. Nei luoghi più disparati, nelle occasioni più strane: alcune sono state mie clienti, altre sono diventate amiche, altre ancora sono clienti di amiche o libere professioniste con cui offriamo un tacito mutuo soccorso nei momenti di smarrimento. Non mi piace chiamarli momenti di difficoltà perché spesso è il reinventarsi in modo continuativo l'argomento di cui si parla.
Poi, ci sono le crisi di identità lavorativa, che quando sei un lavoratore dipendente ti vengono soltanto nel momento in cui prendi consapevolezza che quel posto di lavoro non fa più per te. Quando arriva il momento di scegeliere, hai una dannata paura. Il posto fisso, la stabilità economica, orari prestabiliti, un senso di appartenenza a un gruppo che a volte sembra una famiglia, altre una condanna, ma pur sempre un gruppo sono tutte cose difficili da lasciarsi alle spalle.
Non sono un'incosciente: per avviare un'attività in proprio serve una riserva economica che ci permetta la sopravvivenza nei periodi in cui il lavoro non ingrana, dove non si è conosciuti sul mercato per poter contare su un passaparola assicurato. Servono una strategia di marketing, di comunicazione e una pianificazione economica accompagnata da obiettivi da monitorare in modo costante.
Spesso lavoro con brand sostenibili in cui quest'ultimo è un progetto collaterale, dove la vita è fatta di impegni lavorativi serrati e il business che fa battere il cuore un desiderio latente di "farcela a tempo pieno" ma con le energie tutte concentrate sul proprio quotidiano.
Ci ho provato anche io.
Ci ho provato diversi anni fa, poi sono rimasta a fare la dipendente perché era più comodo e facile, perché il sentimentalismo era più forte della spinta di fare ciò che amavo - forse non ero nemmeno certa di amarlo, questo lavoro - e perché uno stipendio sicuro è un porto a cui attraccare in qualsiasi momento con la certezza di trovare ciò che conosci.
Il lavoro dipendente e la partita IVA possono coesistere ma sappi che non riuscirai a sostenere questa situazione all'infinito: prima o poi dovrai scegliere dove indirizzare tempo ed energie.
Ma più di tutto, non puoi trattare quel business che ami come fosse un passatempo.
È la tua attività e vuoi vederla crescere.
Non puoi lavorare senza una pianificazione strategica, senza scrivere contenuti e poi non capire perché le persone non ti trovano online; non puoi lavorare navigando a vista senza prevedere quando usciranno le nuove collezioni, quando preparare la capsule collection per fidelizzare le clienti, senza sapere quali collaborazioni portare avanti; non puoi lamentarti della mancanza delle vendite se non promuovi il tuo lavoro.
Non puoi ignorare i bisogni del tuo business, o quello che vorresti lo fosse.
Che tu scelga di avere un lavoro sicuro e un business collaterale va benissimo: ma questo business deve avere un piano, una visione, una mappa su cui correre veloce quando tu sei assente. Deve sapere dove dovrà essere tra cinque anni e quali passi fare per arrivarci. Deve comprendere se a livello economico sarà un fallimento annunciato o un successo esplosivo, come e se aggiustare il tiro se il fatturato non va come vorresti.
Il tuo business ha bisogno di un piano e di una strategia.
Prenditi tempo per la pianificazione; datti tempo per attuarla; togli tempo a ciò che non ti porta dove vuoi.
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Sono Alessia, digital strategist e facilitatrice in libroterapia umanistica. Mi occupo di strategie di comunicazione e marketing sostenibili per business al femminile. Dove al centro, ci sei tu.