Ogni qualvolta si avvicina un trasloco mi sale il desiderio di sbarazzarmi di tutto ciò che ho amato ma non mi rispecchia più. La primavera per me è come un trasloco: mi assale l'urgenza di buttare, di fare spazio, di spalancare le finestre e far prendere aria a mensole pulite e scaffali semivuoti. Questo, nella mia fantasia. La realtà dei fatti è che questo implacabile desiderio coincide sempre con i periodi più frenetici della mia esistenza. Così, finisce che accantono per altri 12 mesi l'idea di liberarmi di cose che non mi rispecchiano più.
Quest'anno, per non perdere questo momento e riuscire a prolungarlo, sto leggendo il libro di Marie Kondo 96 lezioni di felicità, un riassunto illustrato del Metodo Konmari. Non voglio dilungarmi sul metodo (qui puoi trovarne una sintesi mentre QuasiOrganizzata racconta la sua esperienza in questo articolo che mi ha fatto decidere di iniziare con un decluttering serio) ma sulla sua essenza.
Di fatto, il metodo Konmari non è solo decluttering selvaggio: è trovare la consapevolezza di ciò che ci rende felici. In una società dal tasso consumistico alle stelle, siamo davvero sicuri di sapere cosa ci rende felici? Io no, e le 96 lezioni di felicità di Marie sono una buona base di partenza per capire che tipo di vita desideriamo.
La prima cosa che ho fatto, quando ho parlato un po' con quella consapevolezza timida e confusa che mi guardava a occhi sgranati, è stato prendermi l'impegno di capire come crescerla. È stato difficile: c'era troppa roba da riordinare. Quindi sono partita da me con un po' di sano egoismo, molti no. Ho capito con la scelta cosa desideravo e ho iniziato a fare pulizia. Mi sono liberata di rapporti esauriti, ho dato la giusta collocazione a rapporti importanti e messo al loro posto rapporti professionali. Ho dato un giusto valore alle relazioni e ho iniziato a fare spazio a chi sarebbe venuto poi, preparandomi con il cuore aperto e la voglia di connettermi con il prossimo.
Così, ho iniziato a tessere il sogno di una vita a misura della nuova me. Ho dismesso vecchi hobby, ho coltivato la scrittura, ripreso lo studio, scelto di prendermi cura anche della mia spiritualità e di allenare l'intuito. Ho fatto volontariato per capire quelli che non hanno voce, sono tornata a fare cose che amavo, come il teatro, e ottimizzato il mio tempo. Ho pensato spesso alla mia prossima casa, immersa nel verde, con un orto per le erbe officinali e un angolo del giardino dove far nascere farfalle. Una casa dove la Natura si prende cura di tutto ciò che sta fuori, dove posso vederla passare e salutarla a ogni nuovo giorno e dove il cemento sta davanti e dietro ci sono prati in cui correre ogni mattina. Una casa con pochi oggetti, tutti amati, tutti speciali, tutti unici.
Il ruolo determinante, nel sogno di questa nuova vita, l'ha giocato la ricerca di un nuovo contatto con la Natura. Quando ho realizzato che immergermi nel verde mi trasforma, mi da energia, mi rende inarrestabile, ho capito anche che dovevo fare in modo di lavorare in quella direzione su tutti i fronti: la mia casa, la mia vita, il mio lavoro.
Un'amica una volta mi ha detto che l'ambiente in cui viviamo gioca un buon 30% sulla nostra trasformazione interiore. Secondo me aveva ragione.
Riordinare significa fare i conti con voi stessi; pulire significa affrontare la Natura.
Cos'ho fatto per mettere la sostenibilità nella mia vita? Durante il periodo in cui mi sono rimboccata le maniche per mettermi al lavoro con me stessa, ci ho messo un po' a capire cosa dovevo fare e di cosa avevo bisogno. Ho ritrovato il contatto con me stessa, con una parte più profonda e intuitiva abbandonata sotto strati di razionalità e pragmatismo e ho cesellato la mia identità un passo alla volta.
Ho capito come doveva essere la mia vita: meno frenetica, più ricca di creatività, organizzata secondo le mie esigenze, più allineata con il ritmo della Natura per assecondare un ciclo vecchio quanto il mondo, scandita da giorni in cui mettere un po' d'Arte, sempre.
Cos'ho fatto per migliorare la mia vita e renderla più sostenibile?
Continuo a fare spazio, a liberarmi di cose che appartengono a una me distante da quella che sono oggi. Oggetti che ho amato ma nei quali non mi riconosco più. La stessa cosa sta capitando al mio guardaroba. Nel mio rapporto burrascoso con la femminilità ho capito quale stile mi rappresenta maggiormente e mi sto lasciando sedurre con la diffidenza tipica di chi teme un amore-lampo breve quanto un'estate.
Ho scelto di conoscere e lasciare andare il pregiudizio nei confronti di una femminilità a tinte pastello, fatta di fronzoli e Barbie. Artigianato e fashion sostenibile (aquisto solo made in Italy, principalmente su Etsy) e vintage (il mio canale preferito è Depop) stanno sostituendo gli acquisti di anni di fast fashion in favore dell'attenzione ai dettagli e a ciò che faccio entrare nella mia vita. Se vuoi consigli sulle alternative al fast fashion ti consiglio questo articolo di Gaia Segattini.
Riprendiamoci, un poco alla volta, il tempo per vivere davvero.
Dal 23 al 29 aprile puoi partecipare alla Fashion Revolution. Di cosa si tratta? Di una campagna di sensibilizzazione per "costruire un’industria della moda che rispetti le persone, l’ambiente, la creatività e il profitto in eguale misura."
Come partecipare? Indossa un indumento al contrario, scatta una foto e postala sui social chiedendo ai brand “Chi ha fatto i miei vestiti?” Gli hashtag sono: #WhoMadeMyClothes e #FashRev.
Per tutta la settimana, sulla mia pagina Facebook, troverai consigli di brand sostenibili Made in Italy che meritano di essere conosciuti.
Cosa significa, per te, una vita sostenibile?
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Sono Alessia, digital strategist e facilitatrice in libroterapia umanistica. Mi occupo di strategie di comunicazione e marketing sostenibili per business al femminile. Dove al centro, ci sei tu.