Di ansia da prestazione e crescita work in progress.
Negli ultimi mesi, da quando ho capito che essere felici significa essere (pre)disposti a cambiare, che il mutamento fa parte dell’esistenza e non possiamo fermarlo, ho deciso di migliorare la qualità del mio stile di vita. Compro frutta e verdura a km 0 in un agriturismo vicino al mio ufficio; cerco di praticare con costanza le mie lezioni di hatha yoga, faccio ogni mattina mezz’ora di cyclette accompagnata dalla lettura di un buon libro, scrivo poco, mi arrabbio di rado, ho in mente gli obiettivi che voglio raggiungere nel lungo periodo. Non ho ancora raggiunto il livello ottimale che mi sono prefissata, soprattutto perché il tempo per la scrittura è sempre carente e, come ho imparato da Dorothea Brande, una routine sembra essenziale.
A tal proposito sia Celeste Sidoti che Alessandro Girola hanno scritto due interessanti articoli sul tema.
Per quanto mi riguarda non sono d’accordo con Celeste. Non credo che la routine di scrittura sia quantificabile in termini di amore e passione per quest’arte, quanto piuttosto a una mancanza di tempo e di organizzazione. Infatti sono d’accordo con Alessandro quando racconta di aver riorganizzato la sua vita in funzione della possibilità di scrivere ogni giorno, coadiuvata da una politica editoriale e obiettivi ben precisi. Questo comporta sacrifici ma anche un innalzamento della qualità della vita, a quanto pare. Il fatto è che la scrittura non è solo mettersi alla scrivania e digitare un testo mettendo insieme le parole migliori che troviamo. Scrivere è documentarsi, prendere appunti, costruire schede di personaggi credibili e intrecci validi che tengano il lettore attanagliato alla pagina dalla prima all’ultima e dall’ultima alla prima. Per questo motivo ho compreso che nell’attività scrittoria c’è un tempo di stallo in cui si studia, si lavora e si rielabora sino al momento in cui ci si mette a scrivere davvero. Per questo ritengo che non sia un disinnamoramento della scrittura ma un tipo di amore diverso, più profondo e consapevole. Una delle mie criticità più grosse è proprio quella di credere che momenti di inattività totale, in cui non riesco a quantificare quello che ho fatto, siano espressione di procrastinazione e di passività.
In realtà non è così.
Come direbbe la mia amica Sonia “questo è ozio creativo!” e infatti il cervello non sta mai fermo, nemmeno quando cucino o quando sto riordinando casa per la decima volta. Mi piace credere abbia ragionae lei perché, se ci pensate, è quello che accade ogni volta che facciamo brainstorming mentre attendiamo l’autobus, mentre stiamo viaggiando in auto o siamo in fila alla cassa del supermercato. Non è molto diverso da sedersi sul divano e godersi un film per un paio d’ore, no? Si assimila, ci si lascia ispirare, ci si culla nel prodotto creativo di qualcun altro. Da questa situazione di apparente stasi è nata una perenne rincorsa dietro al tempo, appuntamenti incastrati con una disinvoltura da campionessa di Tetris e ansia. Ansia da prestazione sempre ai massimi livelli, ansia di tradire aspettative, di deludere le persone che mi circondano per non riuscire a dedicarmi loro con più assiduità. Ansia ansia ansia. Ansia da spunta task sulla to do list della mia planner; ansia da tracker non compilato con le attività quotidiane; ansia da troppi appuntamenti tutti a distanza ravvicinata; ansia dal non farcela a gestire tutto. Era un’apnea. Settimane da fiato corto e maratone quotidiane, del tornare a casa a notte fonda, lanciare un’occhiata sconsolata al divano e dirsi che, forse, sarà per un’altra volta, un’altra sera. Questa pressione costante mi ha dato molte difficoltà nell’ultimo periodo, anche a causa dell’uscita di Verso le Luci del Nord e a tutte le attività correlate alla promozione.
Se non fosse stato per Sara, un’amica di vecchia data, probabilmente sarei ancora qui con il fiato sospeso e in apnea. Siamo abituate alla prestazione il tutto e subito al massimo risultato nel minor tempo possibile. Ancora tempo, ancora spazio che scivola e che non riusciamo ad afferrare e vivere in completa pianezza e consapevolezza.
Io voglio vivere l’Adesso.
Voglio essere consapevole di ogni momento della mia giornata, di ogni attività che svolgo, di ogni risultato ottenuto e di come l’ho raggiunto. Voglio vivere con la consapevolezza di avere attorno cose belle, ringraziando per tutto ciò che la vita mi ha donato finora.
Sono fortunata sotto molti punti di vista. Ho un lavoro stabile, una famiglia che mi vuole bene, due gatti meravigliosi, amici che per me farebbero qualsiasi cosa e che sono una seconda famiglia. Sono circondata da persone speciali su cui so di poter contare in ogni momento della giornata e della vita.
Sono fortunata perché vivo nella parte del mondo in cui posso esprimere me stessa attraverso il mio comportamento, il modo di camminare, il modo in cui guardo gli altri. Sono fortunata perché non devo nascondere il mio viso dietro un velo, fortunata perché posso studiare tutto ciò che più mi aggrada.
Sono fortunata perché posso permettermi di viaggiare, di vedere il mondo e affrontarlo senza l’obbligo di avere un compagno accanto.
Sono fortunata perché posso spostarmi senza dipendere da nessun altro e perché posso decidere se e quando avere dei figli.
Sono fortunata perché posso scegliere le persone da amare e quelle da allontanare dalla mia vita. Sono fortunata perché posso crescere, perché posso migliorare come essere umano e come donna.
Sono fortunata perché posso esprimere le mie idee senza essere uccisa per questo.
Sono fortunata perché vivo in un Paese dove non c’è guerra, dove i bambini vanno a scuola e giocano spensierati. Sono fortunata perché posso vedere la neve d’inverno e il mare d’estate oppure la neve d’estate e il mare d’inverno, quando mi va.
Sono fortunata perché d’estate c’è un esplosione di colori di oro e di rosso nei campi, perché posso vedere il colore dei fiori, calpestare le aiuole e le foglie secche in in autunno.
Sono fortunata perché so qual è il sapore della cioccolata e quello della pizza, delle lasagne fatte in casa e della gelateria in centro a Parma.
Sono fortunata perché conosco il prezzo edegli abbracci sinceri, perché so quanto vale un “ti amo” e quanto vale un “mi dispiace“.
Sono fortunata.
E ogni mattina, quando apro gli occhi, voglio ringraziare per i tulipani che fioriscono in terrazza, per il sole e la pioggia, per il vento, per la giornata che verrà, per quelli che mi regaleranno un sorriso e per quelli che non si lasceranno sedurre da un abbraccio.
Sono fortunata e sono riconoscente per questo.
E per tutto questo chissenefrega del tempo che scorre, della cellulite, delle rughe e delle occhiaie, del vento e della pioggia che ti distruggono la messa in piega appena uscita dalla parrucchiera. Chissenefrega del tempo che scorre, delle prestazioni sempre ai massimi livelli, del desiderio di spuntare spuntare spuntare per dirti che sei stata proprio brava, quest’oggi, e non avere nemmeno la forza di leggere qualche riga del romanzo che se ne sta sul tuo comodino da mesi, che ti implora di finirlo e tu cerchi disperatamente un motivo per raccoglierlo tra le mani e farlo tuo.
Nella vita dobbiamo saper ringraziare per ciò che abbiamo. Per ogni grande successo sarà una festa, una di quelle che coinvolgono tutto il quartiere, che non fanno dormire sino a notte fonda, con le band che suonano musica dal vivo e il cantante è stonato e ubriaco, ma va bene così, perché tutti ballano e cantano e si divertono. E allora chissenefrega del tempo che scorre se quel tempo è consapevole, è pieno, è ricco e denso. Non della densità del fango ma di quella vellutata e leggera di un budino, di una crema che assapori cucchiaio dopo cucchiaio, fino all’ultimo.