Manifesto di una (forse) femminista

Di femminilità e Femminismo.

pl. -i movimento nato nell’Ottocento per rivendicare alle donne la parità giuridica, politica e sociale con gli uomini | dagli anni ’60 del Novecento, movimento che mira a proporre valori culturali autenticamente femminili, in alternativa a quelli maschili e ai ruoli tradizionalmente attribuiti dall’uomo alla donna

Etimologia: ← dal fr. féminisme, dal lat. femĭna ‘femmina’.

Io non sono un’alternativa a un Maschio.
Io sono una Femmina, e come tale desidero essere rispettata e accettata.
Femminismo non è una donna borchiata che scende in piazza al grido “Femen“, ma una che ricorda che c’è anche bisogno degli uomini, al mondo. Che un mondo senza uomini sarebbe solo un gran pollaio senza nessuno di cui (s)parlare. Che sarebbe un sesso diverso, ma forse solo fatto allo specchio. Femminismo è affermare ogni giorno che sono donna, con i miei limiti, la mia emotività, il mio essere diversa da un uomo. Io NON voglio essere come un uomo anzi, non voglio affatto essere un uomo! Io voglio essere una donna. Voglio che mi sia riconosciuto il diritto di dire “no” senza che venga preso comunque per un “””, voglio potermi mettere la minigonna senza che la gente mi guardi etichettandomi come una poco di buono. Voglio potermi tatuare senza che gli over 40 mi diano della tossica a priori. Voglio poter vivere in un posto in cui mettere al mondo una figlia non significhi avere la certezza che – probabilmente – dovrà morire per mano di chi ama, o di chi s’illude d’amare. Voglio che mi sia riconsciuto il diritto di esprimere la mia opinione, e che abbia lo stesso peso di quella di un maschio. Voglio poter amare chi voglio, come voglio, quanto voglio. Senza risparmiarmi mai, che tanto, a noi donne viene sempre chiesto di dare mille quando gli altri si soffermano sul settanta, che più forte proprio non sanno andarci. Voglio avere la libertà di leggere quello che voglio, di poter essere libera di parlare di sesso ma anche di non parlarne. La libertà di tenere strette nel privato le mie emozioni, i miei sentimenti, perché sono cose che voglio condividere con la persona che amo, senza apparire bigotta solo perché no, non sono come tutti quelli per cui “tanto è solo sesso“. Ho il diritto di volere tre figli, ma anche di non volerne nessuno. Di volermi sposare come no, che tanto è solo un contratto davanti a decine di signori nessuno come me e forse un Dio che, forse c’è ma non vuole ascoltare, né vedere. E nessuno dovrebbe guardarmi con disapprovazione se dico di non sentirmi pronta, di non volere figli che l’impegno è grande e la vita è così immensa che non lo so, se sono in grado di badare a qualcuno oltre a me. Dovrei essere libera di avere un orologio biologico che corre e fregarmene, perché un figlio è un diritto e una scelta, non un dovere morale verso la società.

Sono femminista perché non credo nella superiorità della donna sull’uomo ma perché credo di avere gli stessi diritti di un uomo. Davanti alla legge siamo tutti uguali, eppure le donne continuano a morire e nessuno ferma una strage maschilista, che la verità è che il maschilismo è un mostro: sono uomini che odiano le donne, uomini che si credono superiori alle donne e dunque, padri-padrone di donne che li amano troppo. Il maschilismo è fatto di donne, anche. Di donne che invidiano, che insinuano, che fingono di non vedere, non supportano, non sostengono. Perché la verità è che il maschilismo è uno stato mentale e culturale, non conosce sesso, età, nazione: alza il dito e lo punta contro un’altra donna. Purché non sia io, pensano. Purché non sia la mia, di donne, pensano. Il silenzio è una forma diversa d’amore, di supplica d’aiuto. Noi donne, senza uomini che combattono al nostro fianco, non vinceremo mai questa guerra. Quando vedo in India le donne in piazza e gli uomini al loro fianco, ho le lacrime agli occhi: vedo in ognuno di loro mio padre, mia madre, mio fratello, il mio fidanzato. Migliaia di volti che si sommano gli uni agli altri, si annullano e si cancellano. Ognuno di loro con una storia e una figlia o una moglie forse massacrata o forse no, ma che sanno che potrebbe capitare anche a loro. Allora gridi e imprechi verso un mondo che non ti difende abbastanza e speri che qualcuno, prima o poi, ascolti.
E allora gridi così forte che la gente crede tu voglia diventare un uomo, e ti dice che sei pazza, che non va bene, che è sbagliato.
E tu li guardi, ma non capisci: ehi, non voglio essere un uomo! Voglio essere una donna, io!
Ma dovreste darci la possibilità di esserlo dalla punta dei capelli a quelle delle dita, senza giudicarci, senza accusarci.
Capendoci, comprendendoci.

A un grido d’aiuto non si risponde con il rifiuto, l’accusa, l’odio, la ferocia dell’innesco di un senso di colpa che schiaccia come vergogna. Come se quel peccato l’avessi commesso tu, mica gli altri. Non finisci in ospedale psichiatrico per troppo amore: ci finisci perché la gente non ti capisce. E poi finisci con lo scrivere poesie bellissime che la gente si dedica scrivendole sui muri, mentre tu hai sofferto una vita, tra le zolle di una primavera che – a tratti – sembrava infinita. Sempre troppo breve.

Sono femminista perché ho il diritto di sbagliare, di arrabbiarmi, di piangere. Sono imperfetta in quanto umana, non un angelo benedetto sceso dal Paradiso per grazia divina a riscaldare la vita di un uomo.
Sono femmina – sono donna – e come tale voglio essere accetta e rispettata per le mie idee, le mie scelte, le mie opinioni, il mio essere me stessa. Nel mio essere differente da un uomo sia biologicamente che spiritualmente.
Perché sono costretta a scriverlo, a gridarlo?
Tu, Amico Mio, non sei obbligato ad affermarti ogni giorno per strappare un pezzetto di terreno all’Ignoranza.
Io sì, tutte le altre sparse per il mondo, sì.
Perché?

Ricordo come cominciò a cambiare il significato delle parole. Parole poco comuni come “fiancheggiatore” e “risanamento” divennero spaventose, mentre cose come “Fuoco Norreno” e “Gli articoli della fedeltà” divennero potenti. Ricordo come “diverso” diventò “pericoloso“. Ancora non capisco perché ci odiano così tanto.
Presero Ruth mentre faceva la spesa. Non ho mai pianto tanto in vita mia. Non passò molto tempo prima che venissero a prendere anche me.
Sembra strano che la mia vita debba finire in un posto così orribile, ma per tre anni ho avuto le rose e non ho chiesto scusa a nessuno.
Morirò qui, tutto di me finirà. Tutto. Tranne quell’ultimo centimetro. Un centimetro è piccolo, ed è fragile, ma è l’unica cosa al mondo che valga la pena di avere.
Non dobbiamo mai perderlo, o svenderlo, non dobbiamo permettere che ce lo rubino. Spero che chiunque tu sia, almeno tu, possa fuggire da questo posto; spero che il mondo cambi e le cose vadano meglio ma quello che spero più di ogni altra cosa è che tu capisca cosa intendo quando dico che anche se non ti conosco, anche se non ti conoscerò mai, anche se non riderò e non piangerò con te, e non ti bacerò, mai… io ti amo. Dal più profondo del cuore. Io ti amo.

– da “V for Vendetta”

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