Parole d'ordine: visione, creatività, anticonformismo.
La distopia – ce lo suggerisce la parola stessa – è l’esatto opposto dell’utopia. Utopia, dal greco u(non) e topos (luogo): Nessun luogo; Nessun dove.
Utopie che possiamo solo immaginare; distopie che abbiamo già avuto.
- Margaret Atwood
Nata dalla nostalgia di quell’Eden di cui hanno raccontato testi sacri e cantato poeti – come la sofferenza disperata di Paradiso Perduto di John Milton – il genere distopico trova le sue origini nel dopoguerra, quando il mondo intero è costretto ad affrontare orrori mai vissuti prima: i totalitarismi, l’industrializzazione e il capitalismo, il colonialismo, le epidemie, l’innovazione tecnologica, il razzismo, i genocidi.
La distopia racconta tutti gli -ismi del secolo breve, li trasporta amplificati in un futuro da cui pare inevitabile sottrarci e che, invece, può essere l’occasione perfetta per indagarne le possibili origini, cogliere segnali nel presente per scorgere tra le pieghe del futuro.
Ho parlato di dopoguerra, ma dovrei fare un passo indietro. Durante il giugno del 1816, a villa Diodati in Svizzera prende vita la sfida letteraria che porterà alla nascita del genere horror.
Piercy B. Shelley e Mary Wollstonecraft Godwin – che solo successivamente diventerà sua moglie -, Lord Byron e John Polidori, si sfidano cimentandosi nella scrittura di romanzi gotici, ispirandosi a storie di fantasmi della tradizione popolare francese e tedesca. È da questa sfida che prenderà vita il romanzo Frankenstein, di Mary Shelley, capostipite della narrativa dell’orrore e precursore della fantascienza.
Mary Shelley non scrive solo quest’opera e con il suo L’ultimo uomo, darà origine al genere letterario della distopia con la narrazione di un’epidemia che ha annientato il genere umano.
Mary Shelley affronta il tema dell’hybris, della tracotanza dell’uomo che desidera sostituirsi a Dio e alle leggi etiche e morali. Ma non solo. La distopia è figlia diretta dell’Illuminismo, dell’utopia della realizzazione dell’uomo e della società perfetti, macchiato da una scia di violenza e sangue, ben lontano dall’Eden desiderato. Un tema ripreso da Herbert George Wells, che si trova a osservare l’industrializzazione, il proletariato e le sue richieste, l’avvento delle macchine e di uno sviluppo tecnologico mai visto prima. E sarà proprio su quest’onda che si svilupperà la distopia dei totalitarismi, racconta da George Orwell nel suo romanzo più famoso, 1984.
La distopia spazia su ampi temi: sociali, politici, scientifici, tecnologici. Possiamo suddividere il genere distopico in tre sotto sezioni:
Nella distopia politica affrontiamo complessi temi sociali e culturali. I romanzi che appartengono a questa tipologia parlano di governi totalitari, di forte limitazione della libertà personale dell’individuo, della propaganda e dell’utilizzo manipolatorio dei mass media. Qui ci troviamo davanti alla discriminazione razziale e delle minoranze, all’immigrazione, ai temi del femminismo, alla disgregazione delle relazioni sociali ed emotive. Nella distopia politica affiorano anche i temi della guerra fredda e della propaganda militare. Il cuore centrale della distopia politica è quello del controllo sull’individuo e l’annientamento della libertà personale.
Nella distopia ambientale il protagonista indiscusso è il pianeta, con la drastica fine delle risorse disponibili. I temi della sovrappopolazione, delle epidemie, del riscaldamento globale e del nucleare sono ciò che caratterizza i romanzi di questo sottogenere. Il nucleo di queste storie è quello della visione antropocentrica del mondo e della sconsiderata razzia di risorse perpetrata dall’uomo ai danni del pianeta.
Nella distopia tecnologica il filo conduttore sono le scoperte scientifiche e tecnologiche, passando dalla biologia alla genetica, sino ad arrivare alle intelligenze artificiali. La domanda che serpeggia lungo questi romanzi è: che cosa è vita? Chi lo decide? L'uomo può sostituirsi a Dio?
In this strange world who could tell what was vision and what was true? I came to know after, or I never could have made this record.
- Margaret Oliphant
La distopia spesso ci spaventa e angoscia perché tratta di temi molto vicini a noi, quasi contemporanei. Spesso ci sembra che ciò che racconta la distopia sia il nostro domani, senza via di fuga o sottrazione. La distopia ci atterrisce perché la possibilità che ciò che ci racconta si realizzi, ci sembra viva e molto vicina.
Se ci pensi, i problemi e i temi che stiamo affrontando in questo momento storico sono:
La distopia prende qualcosa che già esiste nella nostra società e ne amplifica l’effetto, portandolo all’estremizzazione. Semplicemente, la distopia risponde alla domanda “e se…?”, una riflessione potente, che apre scenari inaspettati e ci porta a indagare decine di futuri differenti, ma tutti realizzabili.
La narrativa distopica ci aiuta a pensare al futuro senza davvero viverlo ma osservandoci e domandandoci cosa faremmo noi, in un contesto simile. Chi saremmo? Cosa ne sarebbe del nostro lavoro? Che tipo di relazioni avremmo? Quali valori resterebbero inviolati?
La distopia ci suggerisce le alternative possibili per invertire la rotta degli eventi prima che sia troppo tardi per tornare indietro. Un genere perfetto per comprendere l’importanza della letteratura per indagare la nostra vita, la nostra società, il nostro presente e passato.
Vivevamo di abitudini. Come tutti, la più parte del tempo. Qualsiasi cosa accade rientra sempre nelle abitudini. Anche questo, ora, è un vivere di abitudini. Vivevamo, come al solito, ignorando. Ignorare non è come non sapere, ti ci devi mettere di buona volontà.
- Margaret Atwood
Se la distopia può portarci all’angoscia, perché leggere questo genere letterario?
Volevamo rendere il mondo un posto migliore. Migliore non significa mai migliore per tutti, significa sempre peggiore per alcuni.
- Margaret Atwood
Ho scelto quattro titoli da proporti che possono condurti attraverso l’esplorazione del vastissimo mondo della letteratura distopica, che spesso si intreccia con altri generi, come quello dell’orrore o prende declinazioni differenti, come nel caso dell’ucronia, dove un fatto storico viene ribaltato completamente.
Questo è solo l'inizio di un viaggio straordinario, quello che ho creato per Visionarie.
È il laboratorio di libroterapia umanistica che ti accompagna ad affrontare la distopia, i suoi mondi senza speranza, i suoi indomiti protagonisti. Per infonderti coraggio, per affrontare il presente con la certezza che possiamo fare la differenza, anche solo una goccia nel mare è pur sempre meglio di un niente, di un vuoto.
E poi, per questo laboratorio, ho preparato degli esercizi creativi carichi che ti faranno scoprire risorse interiori e valori, per te inaspettati. Se pensi che sia il tuo momento di affrontare questo viaggio nel futuro, ti aspetto in Visionarie.
Alla riscoperta di un simbolo di emancipazione e indipendenza.
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Sono Alessia, digital strategist e facilitatrice in libroterapia umanistica. Mi occupo di strategie di comunicazione e marketing sostenibili per business al femminile. Dove al centro, ci sei tu.